archiviopiemonte 06-03-2013
Sull’esito delle elezioni un’intervista al presidente nazionale dell’Arci e neodeputato Paolo Beni
Il dato più eclatante di queste elezioni è l’exploit inaspettato del Movimento 5 Stelle. Secondo una prima analisi dei flussi elettorali, sfonda nell’elettorato di centrosinistra soprattutto nel nord e nel centro Italia. Probabilmente una parte di questi voti arrivano anche dal mondo Arci. Il Movimento di Grillo diventa catalizzatore del disagio sociale frutto delle politiche di austerità e dell’insofferenza verso una politica sempre più distante dalle persone e dai loro bisogni. Non hanno funzionato solo i sensori dei partiti nel percepire la profondità di questo disagio, o anche i nostri, che pure sul territorio siamo fortemente radicati?
Il successo del Movimento 5 Stelle era in realtà prevedibile, anche se non in queste proporzioni. Il senso di sfiducia di larga parte dell’elettorato di centrosinistra verso i partiti di riferimento era chiaramente percepibile. Ma al di là dell’esame dei flussi, ha pesato in generale nel voto a Grillo la profonda separazione tra il paese reale, con la sua sofferenza che non è solo legata alla materialità dei bisogni, e un sistema politico sempre più distante, che esprime una rappresentanza istituzionale in cui gli elettori non si riconoscono più. Questo profondo senso di sfiducia avrebbe potuto comportare un alto tasso di astensionismo, che era quanto molti temevano. Invece la percentuale di astenuti aumenta ma non di moltissimo, la gente ha scelto comunque di andare a votare e questo di per sé è positivo. La protesta, il malcontento, di fronte alle proposte politiche poco convincenti dei partiti tradizionali, ha trovato sbocco nel voto al Movimento di Grillo che prometteva di rovesciare il tavolo. Non meraviglia che molti voti Grillo li abbia drenati da un elettorato di centrosinistra tradizionalmente più aperto alle proposte politiche nuove, e in particolare da quel pezzo di elettorato che ha votato soprattutto di pancia, rispondendo a un’esigenza immediata: dare uno schiaffo a un sistema che non ha dato risposte alla sofferenza sociale. Un voto di pancia, perché chi l’ha espresso non si è posto problemi sul dopo, sull’ingovernabilità che si sarebbe potuta determinare o sulla concreta fattibilità di alcune proposte di Grillo. Su tutto ha prevalso la rabbia, l’impulso di dare una lezione. Mi pare che tutti avessero sottovalutato la portata del fenomeno, forse in parte anche noi che pure nelle dinamiche sociali ci siamo e avevamo denunciato per tempo il rischio di una deriva sociale e l’inadeguatezza delle risposte in campo. Il messaggio semplificatorio di Grillo, la sua denuncia di problemi reali (anche se accompagnati da proposte contraddittorie o demagogiche), il suo «mandiamo tutti a casa» hanno fatto breccia. Ha prevalso la richiesta di forme nuove di democrazia, di partecipare in modo diretto alla soluzione dei problemi, di non delegare più le scelte a una rappresentanza vissuta come sempre più lontana. Insomma è mancata al centrosinistra la capacità di elaborare e di comunicare una visione alternativa, un progetto in cui riconoscersi. Il Movimento 5 Stelle ha occupato questo vuoto, proponendosi come la soluzione ai problemi etici e materiali che affliggono la società italiana.
Quali sono secondo te i provvedimenti che dovrebbe adottare subito un nuovo governo?
Innanzitutto misure che restituiscano dignità e credibilità alle istituzioni e quindi una riforma dei partiti con una legge sul finanziamento - che non deve essere cancellato, altrimenti i partiti diventano ostaggio delle lobby economiche - che ne garantisca la trasparenza attraverso forme certe di controllo sull’uso che ne viene fatto. Certamente vanno ridimensionati i costi della politica, riducendo emolumenti e privilegi, ma vanno rivisti anche stipendi e benefit degli alti dirigenti, nella pubblica amministrazione e nel privato. Già questo sarebbe un primo passo verso quella redistribuzione della ricchezza che è un’esigenza primaria per ristabilire un po’ di giustizia sociale. La politica deve tornare a essere percepita come un servizio che viene reso alla collettività, non come occasione di privilegi.
Altri provvedimenti da adottare subito sono una legge sul conflitto di interessi; una normativa più efficace contro l’illegalità e la corruzione; il rifinanziamento della spesa sociale, che è stata azzerata; misure di sostegno universalistico al reddito, dagli ammortizzatori sociali al reddito minimo garantito; una riforma del sistema fiscale, spostando il prelievo dal lavoro ai grandi patrimoni e garantendo maggiore equità attraverso l’effettiva progressività dell’imposizione fiscale. Bisogna condurre una lotta seria all’evasione, tassare in misura adeguata le rendite finanziarie, rendere più efficace la tassazione sulle transazioni finanziarie.
Bisogna liberare l’economia reale dalla morsa della finanza speculativa.
E ancora: una nuova legge elettorale; misure che garantiscano il diritto al lavoro e del lavoro, abolendo per esempio l’articolo 8 della legge Sacconi e approvando un provvedimento che garantisca l’effettiva rappresentanza dei lavoratori. C’è poi il grande tema dei diritti civili che vanno rafforzati anche per legge. Sull’Europa, una linea realmente europeista deve porsi l’obiettivo di cambiarne le politiche di austerity che hanno determinato l’aggravamento della crisi e un disastro sociale. Le risorse si possono trovare con una diversa gestione della spesa pubblica, per esempio tagliando le spese militari o gli investimenti per le grandi opere inutili.
In molti, anche al di fuori del nostro mondo, si chiedono come sia possibile garantire l’autonomia dell’Arci avendo un presidente eletto in un partito che si candida a governare il paese.
Le misure che ho sommariamente indicato sono del tutto insufficienti se contestualmente non si mette in campo un enorme lavoro di animazione sociale e culturale. Vanno ricostruiti legami sociali e culturali, va ricostruita la cittadinanza. Questo apre uno spazio enorme e assegna una grande responsabilità alle nostre strutture di base che devono sempre più caratterizzarsi come leva di un nuovo civismo. È il lavoro che l’Arci continuerà a svolgere, rivendicandone tutta la politicità, perché anche questo è far politica e serve a ricostruire buona politica. La situazione rende più cogente questa necessità. Il fatto che in Parlamento siano stati eletti esponenti del terzo settore può rappresentare la sponda necessaria a dar voce e dignità a questo lavoro, a condizione che l’associazione continui nel suo ruolo con grande autonomia, esercitando, se necessario, anche la sua capacità di conflitto.
Non va poi dimenticato che comunque il nostro percorso congressuale, che porterà all’affermazione di un nuovo gruppo dirigente, sta per aprirsi. Non ci saranno particolari accelerazioni, perché questo percorso prevede dei passaggi democratici che non si possono scavalcare. Tuttavia, valuteremo nei prossimi mesi se ci sarà bisogno di anticipare un po’ i tempi del congresso.
Fonte www.arci.it